Cosa sapere sul toxoplasma e la sua prevenzione in gravidanza

Introduzione

Intorno alla toxoplasmosi c’è un mare di confusione, l’argomento è uno di quelli in cui miti e leggende hanno invaso vari mondi e non solo quello legato al web. In vita mia ho sentito parecchi inciampi clamorosi su questo argomento, alcuni dei quali, purtroppo, provenienti anche da professionisti, come il mito del bicarbonato come disinfettante, dell’amuchina utile per prevenire il contatto con le oocisti di toxoplasmosi, le IgM presenti in una paziente già immune scambiate per infezione recente. Sul mio profilo instagram mi fate di continuo domande su questo argomento e a tutte ho tentato di rispondere prima con un video e poi con questo testo.

Bias di conferma

È un pregiudizio cognitivo in base al quale si preferisce dar credito ad informazioni che confermano le proprie convinzioni preesistenti. 

Il parassita

Toxoplasma gondii, il protozoo responsabile della toxoplasmosi, è un parassita che infetta fino a un terzo della popolazione mondiale. L’infezione viene acquisita principalmente per ingestione di cibo o acqua contaminata da oocisti rilasciate dai gatti o dal consumo di carne cruda o poco cotta contenente cisti nei tessuti. L’infezione primaria è generalmente subclinica, ovvero non presenta sintomi evidenti, ma in alcuni pazienti può essere presente linfoadenopatia cervicale o malattia oculare.

Tanta confusione

Purtroppo intorno alla toxoplasmosi c’è molta confusione, una confusione alimentata dal fatto che spesso l’informazione riguardo a questo parassita la si va a cercare in posti sbagliati.  A esempio si pensa che il problema interessi solamente le future mamme, ovvero che la sua gravità medica sia legata ai rischi di trasmissione materno-fetale in quanto questa trasmissione è quella che può dare origine alle fetopatie (le malattie che interessano il feto). Purtroppo non è così, c’è anche la possibilità di riattivazione di una vecchia infezione nell’individuo immunodepresso ad esempio (AIDS, trapianti di organo, etc), riattivazione che può dare origine ad encefaliti e a forme disseminate della malattia. Sebbene si ritenga che la maggior parte degli individui immunocompetenti (cioè con un sistema immunitario che funziona) infetti da T. gondii rimanga asintomatica o abbia un decorso clinico con sintomi minori, la toxoplasmosi è una delle principali cause di morte e ricovero per malattie di origine alimentare negli Stati Uniti e provoca centinaia di decessi e migliaia di ricoveri ogni anno. Tutte le persone potenzialmente possono sviluppare la malattia, in particolare la retino-coroidite (toxoplasmosi oculare). Negli adulti immunocompetenti, non in gravidanza, la malattia acuta può anche portare a compromissione della vista dell’occhio. Ad esempio, negli Stati Uniti, ogni anno si verificano un milione di nuove infezioni, che si traducono in circa 20.000 casi di patologia retinica. L’infezione sintomatica con il parassita può essere classificata in quattro gruppi: 1) linfoadenopatia cervicale, mal di testa, febbre, mal di gola e mialgia, con possibilità di splenomegalia e eruzione cutanea eritematosa; 2) forma esantematica simile al tifo con miocardite, meningoencefalite, polmonite atipica fino ad arrivare alla morte; 3) retinocoroidite, che può essere grave, tanto da richiedere enucleazione; 4) coinvolgimento del sistema nervoso centrale. Alcune delle manifestazioni cliniche dell’infezione da T. gondii possono essere il risultato di un’ampia interazione dell’agente patogeno con l’ospite. L’infezione inoltre porta a liberazione di importanti metaboliti dalle cellule ospiti causando effetti indesiderati. Inoltre, anche gli autoanticorpi derivati ​​dall’infezione di T. gondii svolgono un ruolo importante nella patologia associata al parassita.

Quindi dovrebbe essere chiaro che la toxoplasmosi non è soltanto un problema che riguarda le donne in gravidanza

Le donne in gravidanza

L’infezione primaria nelle donne in gravidanza è tuttavia motivo di grande preoccupazione poiché può essere trasmessa al feto portando ad aborto spontaneo o alla terribile conseguenza di feti nati morti. Un neonato esposto a T. gondii in utero può sviluppare toxoplasmosi congenita con importanti conseguenze oculari e neurologiche. Ricordiamo inoltre che, ad oggi, non esiste un vaccino attivo contro la toxoplasmosi.

La diagnosi di laboratorio

La diagnosi di toxoplasmosi può essere stabilita mediante rilevazione diretta del parassita o mediante tecniche sierologiche. Concentriamoci in questo contesto solamente sulla diagnosi in gravidanza. Vediamo cosa dicono le linee guida dell’Associazione Microbiologi Clinici Italiani (AMCLI). Per individuare una contaminazione avvenuta nel corso della gravidanza in una donna sieronegativa per T. gondii ovvero una donna che, ad analisi effettuate, non è mai venuta in contato con questo parassita, bisognerebbe effettuare l’esame sierologico ogni mese al fine di individuare al suo esordio la sieroconversione. Poiché l’infezione è asintomatica nella maggior parte delle pazienti, la toxoplasmosi può essere diagnosticata indirettamente con metodi sierologici. Già due settimane dopo l’infezione è possibile rilevare anticorpi IgG, IgM, IgA, ma esiste una grande variabilità individuale. Si raccomanda di eseguire i test il prima possibile una volta appreso dello stato gravidico e sempre nello stesso laboratorio. Quello che si va a cercare con questo tipo di indagini è la presenza di anticorpi IgG e IgM. A tal proposito possono essere possibili quattro possibili scenari sierologici dati dai risultati del test: 

IgG negative IgM negative: assenza di immunità. Si consiglia la profilassi igienico alimentare e il controllo sierologico mensile, possibilmente fino ad un mese dopo il parto per evidenziare anche le infezioni più tardive.
IgG positive IgM negative: immunità da pregressa infezione. La paziente non deve più effettuare controlli né nell’attuale gravidanza né in quelle successive, a meno di un’eventuale immunocompromissione. Nel caso di gravide HIV positive e con severa immunocompromissione vanno effettuati controlli per evidenziare eventuali riattivazioni che possono comportare l’infezione da toxoplasma del feto.

IgG negative IgM positive: sieroconversione in fase iniziale, oppure falsa positività per IgM. È consigliato ripetere il controllo sierologico nello stesso laboratorio a distanza di 15-20 giorni per valutare una eventuale sieroconversione delle IgG che insieme alla conferma delle IgM è sufficiente alla diagnosi di infezione primaria in atto. Poiché tuttavia la terapia può modificare la cinetica anticorpale, ritardando o addirittura inibendo la produzione di alcune classi immunoglobuliniche (IgG, IgA), in caso di trattamento, è opportuno effettuare già sul primo prelievo una diagnosi più approfondita con test di secondo livello. Gli esami di secondo livello sono appannaggio di laboratori di riferimento. 

IgG positive IgM positive: poiché le IgM possono persistere per diversi mesi, bisogna cercare di datare l’infezione con test di secondo livello per quantificare il rischio fetale e definire le modalità di gestione della gravidanza (diagnosi prenatale, terapia, controllo e follow-up del neonato) oppure per tranquillizzare la paziente qualora l’infezione risulti antecedente la gravidanza.

Come test di secondo livello possiamo considerare l’immunoblot per IgG e IgM e il test di avidità delle IgG. Il test di immunoblot per la loro elevata sensibilità permette di rilevare anticorpi IgG specifici prima dei test tradizionali e di evidenziare la specificità antigenica degli anticorpi IgM. Sono molto utili quindi per evidenziare sieroconversioni in fase iniziale, anche se la lettura soggettiva richiede personale esperto. Il test di avidità delle IgG invece rileva il grado di avidità degli anticorpi (ovvero la forza di legame di un siero verso un mosaico di antigeni come quello contenuto in toxoplasma) aumenta progressivamente e lentamente nel tempo ed è sinonimo di maturazione della risposta immune. Occorrono in media circa 16-20 settimane dall’inizio dell’infezione primaria affinché il sistema immunitario produca anticorpi IgG completamente maturi e quindi ad alta avidità.

Cosa non fare in gravidanza per ridurre il rischio di contrarre la toxoplasmosi? 

Uno studio europeo multicentrico ha concluso che il consumo di carne cruda e poco cotta è la principale fonte di contagio in gravidanza, mentre il contatto con terreno contaminato contribuisce per una quota molto minore di infezioni restando tuttavia importante come via di trasmissione. Le donne in gravidanza devono essere dunque informate circa le misure di prevenzione primaria della toxoplasmosi da intraprendere: lavare le mani prima della manipolazione dei cibi e dopo aver manipolato prodotti della terra, lavare le mani prima di mangiare, lavare in maniera accurata frutta e verdura sotto acqua corrente (non ammollo in acqua), evitare il consumo di carne cruda o poco cotta, evitare l’esposizione con terreno contaminato con le feci dei gatti, indossare i guanti per lavori di giardinaggio o evitare di venire a contatto con la lettiera del gatto. Evitare contatti con gatti vaganti o sconosciuti. Gatti adulti contenuti in ambiente domestico alimentati con mangimi commerciali che non abbiano la possibilità di cacciare prede o non abbiano contatti con altri gatti dovrebbero essere esclusi quali possibili fonti di infezione. Il congelamento della carne diminuisce significativamente il rischio di infezione anche se, ed è bene sottolinearlo, non è accertato che tutti i toxoplasmi vengano uccisi.  Non ci sono prove certe che la preparazione di carni sottoposte a salagione, corretta stagionatura e affumicazione non siano fonte di infezione. Per quel che riguarda invece le carni sicure, attenzione che il salumiere di fiducia tagli questi prodotti con un coltello e un tagliere dedicato e non contaminato da altri tipi di carni altrimenti si potrebbe rischiare la cross-contaminazione da altri cibi.

Il bicarbonato e l’amuchina

Il bicarbonato non ha alcuna attività disinfettante in generale e non è quindi utile nella sanificazione di frutta e verdura. Il suo utilizzo oltre ad essere inutile dal punto di vista microbiologico può fornire un falso e pericoloso senso di protezione. Per quanto concerne l’amuchina, prodotto commerciale a base di ipoclorito di sodio, è bene ricordare che questo composto, a differenza del bicarbonato, è si un disinfettante, ma studi confermano la sua inefficacia contro le oocisti di toxoplasma, quindi il suo utilizzo nella disinfezione di frutta e verdura è utile contro altre specie microbiche, ma non nella prevenzione del toxoplasma. 

Meglio infettarsi con il toxoplasma prima di considerare una gravidanza?

Assolutamente no per quello che abbiamo visto prima e per il fatto che studi recenti propongono che la risposta immunitaria contro il parassita, o il parassita stesso, potrebbero comportare dei cambiamenti a livello di alcuni neurotrasmettitori che si ripercuoterebbero poi sul comportamento umano. Ovviamente questo tipo di studi è agli inizi, ma mi sembra già un buon motivo per non avere poi così tanta voglia di contrarre la toxoplasmosi.

Fonti:

https://doi.org/10.1016/B978-0-444-53490-3.00008-X

https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/22491772/

https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/1520757/

https://www.cdc.gov/parasites/toxoplasmosis/npi_toxoplasmosis.html

https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC2829910/

https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/23533776/

http://www.amcli.it/wp-content/uploads/2015/10/TOXOPLASMAGONDIAprilE2012.pdf

https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/10894691/

https://www.sigo.it/wp-content/uploads/2018/06/LG_NutrizioneinGravidanza.pdf

https://www.salute.gov.it/imgs/C_17_pubblicazioni_1436_allegato.pdf

https://www.iss.it/documents/20126/45616/Pag313_316Vol20N41984Compr.pdf/e2a2e15d-dcc6-e348-570a-d88f6bd4ada6?t=1581098653381

https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/25376390/

https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/30346249/

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