Basse temperature e infezioni virali

Ringrazio Francesco Francia per la foto di copertina tratta da un editoriale per PlayBoy International. 

Effetto Semmelweis

Spesso troviamo serie difficoltà a cambiare idea o abitudini, dubitiamo di chi ci dice che quel facciamo potrebbe essere dannoso. Il nome di questo pregiudizio omaggia il medico ungherese Ignác Semmelweis il quale ipotizzò e confermò che la febbre puerperale potesse essere trasmessa da paziente a medico e che il semplice lavaggio delle mani potesse bloccare questo passaggio. La sua teoria fu screditata dai colleghi, fu licenziato, deriso, cadde in depressione e alla fine finì in manicomio ucciso dall’infezione causata dalle ferite provocate dalle guardie del manicomio. 

Il freddo causa il raffreddore?

Questa, che prima era un’affermazione, chi non ha mai sentito parlare del fatidico “colpo di freddo” da madri o nonne, è poi iniziata a diventare una domanda alla quale sempre più spesso medici e divulgatori rispondono con un sorridente “no”. Ho letto spesso articoli di addetti ai lavori che come scopo principale avevano quello di far capire che “no” il freddo non causa il raffreddore. I loro sforzi, giustamente, si concentravano sul fatto che devi venire in contatto con un virus, un batterio o un microrganismo in generale, per sviluppare una patologia ad esso correlata, come ad esempio il raffreddore.

Insomma, e siamo tutti d’accordo, i virus non si generano dal nulla. 

La metafora del castello

Immaginate un castello circondato da possenti mura. Fuori dalle mura diversi briganti hanno messo su i loro accampamenti, bivaccano e si divertono all’ombra delle mura del castello. Un bel giorno un terremoto devasta una delle mura che proteggono il maniero. Un brigante entra, poi ne entra un altro, infine entrano tutti e il castello è preso d’assalto. Il terremoto ha provocato l’assalto?

Incontri e trasporti straordinari

È assolutamente corretto che alcuni microrganismi per causare patologie debbano necessariamente entrare in contatto con il nostro organismo, tuttavia questo incontro può anche essere avvenuto in passato, un incontro avvenuto in sordina senza provocare alcun sintomo, ad esempio i Rhinovirus, i virus responsabili del comune raffreddore, sono stati trovati in bambini e studenti universitari asintomatici. In altri casi microrganismi precedentemente presenti nel nostro organismo, a causa di alterazioni fisiologiche, immunitarie o meccaniche, possono iniziare a fare come i briganti nel castello e intravedere una opportunità nella “breccia biologica” appena creatasi, ad esempio si è visto che la presenza del Rhinovirus può aumentare l’adesione all’epitelio respiratorio di Moraxella catarrhalis, un patogeno opportunistaAncora più complesso è il caso delle infezioni endogene in cui la diminuzione locale dei meccanismi di difesa antimicrobica porta alla conseguente possibilità di infezioni ad opera di batteri presenti nella stessa zona, normalmente innocui commensali. Aggiungiamo il fatto che il naso, l’accesso preferito dai microrganismi, è in costante contatto con microbi che abitualmente incontra e respinge tramite difese innate, a questo punto il quadro di quanto il nostro sistema immunitario abbia davvero un gran bel da fare è completo. Insomma fuori dalle mura del castello e, come abbiamo visto anche dentro, è potenzialmente pieno di tantissimi briganti.

Ma le nostre mura ci difendono costantemente in ogni condizione?

Cosa ci dice la letteratura scientifica?

In passato il fatto che le basse temperature influissero sull’invasione virale delle prime vie aeree è stato spesso argomento di dibattito, e questo è sempre un bene al livello scientifico perché la competizione di idee spinge sempre qualcuno a districarsi in brillanti dimostrazioni. I raffreddori, in effetti, sono più comuni in inverno e i ricercatori sanno da decenni che molti Rhinovirus si replicano meglio a basse temperature preferendo il tratto respiratorio superiore piuttosto che l’ambiente più caldo dei polmoni. Ma gli sforzi per collegare l’apparente preferenza di temperatura dei virus alle fluttuazioni stagionali dell’incidenza dei raffreddori hanno prodotto risultati da principio contrastanti. Nel 2005, ad esempio, i ricercatori dell’Università di Cardiff, nel Regno Unito, hanno inzuppato i piedi di persone sane nell’ acqua ghiacciata per dimostrare che l’esposizione al freddo avrebbe potuto causare un’infezione del tratto respiratorio superiore, ma non furono in grado di spiegare perché questo avvenisse. In altri studi non fu trovata alcuna connessione tra temperatura e tassi di infezione. Nel 2015, un gruppo di ricerca dell’Università di Yale ha utilizzato dei topi per dimostrare che i Rhinovirus sono più bravi a replicarsi a temperature più fredde poiché le risposte immunitarie antivirali non sono così forti in queste condizioni. Il gruppo di ricerca ha studiato topi suscettibili a un Rhinovirus specifico scoprendo che a temperature più calde gli animali infettati dal virus producevano una quantità maggiore di segnali immunitari antivirali responsabili di attivare le difese naturali utili a contrastarlo, viceversa, a temperature più fredde, i topi producevano meno segnali antivirali e l’infezione poteva persistere. I ricercatori hanno poi coltivato cellule delle vie aeree umane in laboratorio a basse e alte temperature infettandole con un diverso Rhinovirus scoprendo che le cellule infette a temperatura più alta avevano più probabilità di quelle a basse temperature di attivare cascate antivirali. Già questi dati iniziano a suggerire l’esistenza di reazioni immunitarie temperature dipendenti utili a spiegare cosa accade quando gli esseri umani respirano aria più fredda. Gli studi non si sono limitati ai raffreddori e aI Rhinovirus, il National Institutes of Health ha infatti dimostrato che i virus influenzali  sono più diffusi nei climi freddi.  Gli esperti hanno spesso evidenziato come causa dell’aumento delle infezioni virali invernali i cambiamenti nel comportamento umano che avvengono durante questa stagione, infatti con le basse temperature le persone passano più tempo al chiuso dove è più facile per i germi diffondersi. Uno studio rivoluzionario che fa luce sui cambiamenti biologici che avvengono nel naso a basse temperature ci da una spiegazione di come il freddo peggiori la situazione nella lotta contro i virus. Già nel 2018 si era osservato che il naso è una vera e propria porta di accesso per i microrganismi e come tale va difeso in maniera costante. I ricercatori della Northeastern University di Boston hanno descritto una di queste difese in un articolo pubblicato su The Journal of Allergy and Clinical Immunology.  Quando il sistema immunitario del naso rileva dei batteri vengono rilasciate delle minuscole sacche piene di liquido destinate ad attaccarlo e neutralizzarlo. Sulle orme dello studio nel 2018 un lavoro più recente mostra come il naso dispieghi difese simili anche contro i comuni virus respiratori, tra cui due Rhinovirus s e un Coronavirus (non quello responsabile dell’attuale pandemia). Nello stesso lavoro viene finalmente data anche la risposta alla fatidica domanda: il freddo smorza l’efficacia della risposta immunitaria naturale del naso?  Nello studio viene dimostrato infatti come la risposta immunitaria sia significativamente limitata a temperature più basse. Ridurre la temperatura all’interno del naso di appena 5 gradi centigradi uccide quasi il 50 % delle cellule che combattono virus e batteri nelle narici. Stando ai dati ottenuti dalla ricerca, quando un virus respiratorio invade il naso la parte anteriore rileva il germe molto prima della parte posteriore, a quel punto le cellule che rivestono il naso iniziano a secernere miliardi di semplici vescicole extracellulari che hanno la funzione di legare a sé i virus tramite particolari recettori e trasportarli via tramite il muco. Questa è una, se non l’unica, parte del sistema immunitario che lascia il nostro corpo per andare a combattere i batteri e i virus prima che entrino effettivamente al suo interno.  Quando è sotto attacco, il naso aumenta la produzione di queste vescicole extracellulari del 160 %.  Le cellule dell’epitelio respiratorio possono produrre anche dei micro RNA con azione antivirale.  Nello stesso studio è stato osservato che anche la produzione di questo potente antivirale cala all’abbassarsi delle temperature. Per dimostrarlo i ricercatori hanno esposto dei partecipanti allo studio per 15 minuti a temperature di 4,4 gradi centigradi misurando poi le condizioni all’interno delle loro cavità nasali.  L’esposizione all’aria fredda è quindi sufficiente ad eliminare essenzialmente i vantaggi immunitari della mucosa nasale.  In effetti le basse temperature dell’esperimento sono state sufficienti per produrre quasi il 42 % delle vescicole extracellulari in meno. Allo stesso modo sono calati i micro RNA ed è anche stato registrato un calo del 70 % del numero di recettori su ogni vescicola extracellulare in grado di legare i virus. Quindi più caldo è possibile mantenere l’ambiente intranasale, meglio i meccanismi di difesa immunitaria innata saranno in grado di funzionare.  

La clearance mucociliare

Tra le altre difese che abbiamo per combattere i microrganismi responsabili di fastidiose patologie stagionali la clearance mucociliare è il principale meccanismo di immunità innata delle vie aeree. I suoi componenti funzionali sono lo strato mucoso protettivo, lo strato di liquido della superficie delle vie aeree e le ciglia sulla superficie delle cellule ciliate. Le ciglia sono organelli specializzati che battono ritmicamente per spingere gli agenti patogeni e le particelle inalate intrappolate nello strato muco dalle vie aeree. E ‘interessante notare che, anche in questo caso, esiste una temperatura ottimale per il funzionamento delle ciglia che regolano questo meccanismo e che le basse temperature diminuiscono la frequenza del battito ciliare compromettendo il tutto.

E i popoli del Nord?

Spesso un paragone che leggo o che mi viene fatto di persona è quello con i popoli del nord che, per forza di cose, vivono in climi più rigidi dei nostri, soprattutto vengono paragonate le abitudini legate al mondo dell’infanzia e ci si chiede come mai i bambini che giocano al gelo in paesi come Svezia, Finlandia e Norvegia non si ammalino mai e, ad esempio, non prendano mai l’influenza. Iniziamo col dire che, purtroppo, si ammalano anche loro e, stando ai report dell’European Centre for Disease Prevention and Control, qualche anno di più qualche anno di meno. Sicuramente la loro cultura si è evoluta per gestire al meglio situazioni che molti di noi troverebbero scomode e inopportune. Ad adattarsi tuttavia non è stata solo l’abitudine a fare una passeggiata a temperature sotto lo zero. 

Non siamo tutti uguali

Facile capirlo a livello macroscopico quando alcune caratteristiche sono molto evidenti. Pensiamo ad esempio al colore della pelle o degli occhi, queste caratteristiche hanno una specifica funzione e sono correlate alla geografia dei popoli che le indossano. Ma ci sono anche tante altre differenze tra le popolazioni che vivono in parti diverse del mondo, alcune meno eclatanti altre assolutamente invisibili agli occhi. 

Paese che vai naso che trovi

Le ragioni evolutive della variazione della forma del naso tra le popolazioni umane sono state oggetto di continui dibattiti. Una funzione del naso e della cavità nasale è quella di condizionare l’aria ispirata prima che raggiunga il tratto respiratorio inferiore. Per questo motivo, si pensa che le differenze osservate nella forma del naso tra le popolazioni possano essere adattamenti diretti delle differenti variazioni climatiche. Per verificare questa ipotesi un gruppo di ricercatori ha confrontato la distribuzione delle diverse forme anatomiche nasali con la distribuzione globale di temperatura, umidità assoluta e umidità relativa. È stato visto che la larghezza delle narici è correlata alla temperatura e all’umidità assoluta, ma non all’umidità relativa. Quindi alcuni aspetti della forma del naso potrebbero effettivamente essere stati guidati dall’adattamento locale al clima. I turbinati nasali ad esempio influenzano direttamente le dimensioni complessive, la forma e la superficie dei passaggi nasali e quindi contribuiscono allo scambio intranasale di calore e umidità. In uno studio è stata osservata la variazione della morfologia del turbinato nasale inferiore in due popolazioni appartenenti a territori climaticamente differenti e si è visto come anche a basse temperature le ciglia che fanno parte del meccansimo della clearence mucociliare si adattino per continuare a battere. Questi studi fanno pensare che l’evoluzione abbia pensato ad un adattamento anatomico e fisiologico per le popolazioni esposte costantemente a basse temperature. Stando a questi studi appare chiaro quanto un italiano e uno svedese siano differentemente adattati a vivere in condizioni estremamente differenti. 

Conclusioni finali

Non bisogna avere paura del freddo ma rispettarlo cercando di capire che in microbiologia, così come in molti altri aspetti della biologia e della vita stessa, non è tutto bianco o nero, piuttosto immaginate una vastissima scala di grigi. Quindi ben venga giocare all’aria aperta o fare passeggiate anche di inverno, ma con le opportune precauzioni, ad esempio coprendosi o evitando rocamboleschi balzi climatici. L’esperienza empirica viene spiegata dalla scienza con il passare del tempo, alcuni fenomeni vanno compresi nella loro interezza e la fantastica complessità del corpo umano rende questa comprensione un’esperienza apparentemente infinta, un viaggio che non sembra mai avere fine. In tutto questo noi possiamo solamente, di volta in volta, aggiornare il nostro sapere rifacendoci a quel metodo che, è si fatto da uomini, ma costruito in maniera tale essere in grado di autocorreggersi e mettersi sempre in discussione. 

Fonti

https://www.nejm.org/doi/full/10.1056/NEJM196810032791404

https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/16286463/

https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/25561542/

https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/33942417/

https://www.nih.gov/news-events/nih-research-matters/flu-virus-fortified-colder-weather

https://www.ecdc.europa.eu/en/seasonal-influenza/surveillance-and-disease-data/seasonal-overviews

https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/31631558/

https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/30832226/

https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/30442371/

https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/36494212/

https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/28301464/

https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/30993687/

https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/12618214/

https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/36733852/

https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/25999242/

https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/26571305/

https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/27904883/

https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/33925835/

27 thoughts on “Basse temperature e infezioni virali

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    Maria Rita says:

    Articolo come sempre interessante e ricco di informazioni

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    Samuele says:

    Molto interessante. Se non ho capito male, l’impatto del freddo è principalmente sull’effetto protettivo del naso. Ma se io adottassi un paranaso in grado di tenere il naso più caldo, questo potrebbe in qualche modo ridurre la possibilità di ammalarmi da virus? Oppure l’aria, entrando fredda, sarebbe comunque il fattore preponderante nel ridurre l’efficacia della protezione del naso? Esistono studi che hanno provato a valutare questo aspetto? Grazie per il lavoro che fai.

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      Santo says:

      Nei miei primi 35 anni di vita sono sempre stato soggetto in inverno a raffreddori e mal di gola molto forti, molto frequenti e molto difficili da far passare. In alcuni casi il medico mi prescriveva antibiotici per riuscire a guarire (non so se fosse corretto, ma non è questo il tema).
      Non riuscivo ad utilizzare le sciarpe: sempre troppo calde per il nostro clima e poi impossibili da tenere costantemente su naso e bocca salvo rischiare di soffocarsi. La classica sciarpa sul collo era ovviamente del tutto inutile.
      Poi ho scoperto le sciarpe Buff: elastiche, sottilissime, capaci di coprire solo naso e bocca senza spostarsi. Ho iniziato a usarle sempre in caso di aria fredda e da un giorno all’altro ho preso il mal di gola e il raffreddore solo per contagio diretto, per contatto con persone malate.
      Gli unici inconvenienti che ho riscontrato sono stati un po’ di prese in giro e l’essere scambiato per un rapinatore, questo soprattutto in luoghi poco affollati e in prossimità dei bancomat 😉
      Avendo l’accortezza di abbassare rapidamente la sciarpa nei momenti opportuni si riesce ad evitare anche questi effetti collaterali.

      Sto parlando di tanti anni fa, ora esistono anche tante altre sciarpe simili alle Buff di altre marche.
      A me questo sistema ha evitato di stare male e a casa per almeno tre settimane a stagione.

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    Angelica says:

    Grazie Alessandro. Linguaggio semplice e di impatto. Gran bel lavoro, come i tuoi precedenti.

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    Alberto says:

    Bell’articolo, lo stile di scrittura lo rende ancora più piacevole!

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    Monica Lea says:

    Articolo interessante! Allora io che non ho più tonsille, adenoidi e turbinati quando dovevamo usare la mascherina mi sono ammalata meno non perché l’aria che entrava nel naso era meno fredda ma perché era filtrata dai patogeni? Grazie

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      Alessandro Mustazzolu says:

      Entrambe le cose, il fatto che tu non abbia mai incontrato patogeni è pressoché impossibile in quanto nessun filtrante facciale protegge al 100% poi messo da un non addetto ai lavori ha ancora meno possibilità di proteggerti in maniera adeguata, sicuramente hanno funzionato tutte le restrizioni (distanziamento, stare a casa con sintomi simil influenzali, tutti che indossavano filtranti facciali, etc)

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    Federica says:

    Complimenti per l’articolo! Informazioni complete spiegate in modo eccellente! Grazie per il lavoro che fai, è davvero utile per molte persone interessate a cosa ci sia dietro le massime (di medici e non) sul tema. Se ne sentono di tutti i colori…

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    Giulia says:

    Grazie Prof! Articolo interessante!
    Sarebbe a questo punto interessante capire quanto un trauma interno (dato ad esempio da un intervento chirurgico di rinoplastica con tanto di cicatrici) possa inteferire col funzionamento del sistema immunitario locale, cercherò ricerche in merito ma dubito esistano.
    Grazie per quello che fa con questo blog.

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    Lia says:

    Questo articolo fa diventare affascianante un naso che cola .
    Per curiosità, il comportamento delle vescicole ha lo stesso funzionamento difensivo in caso di allergie respiratorie? Oppure il naso che cola dipende da altro?

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    Maria Pia Commissari says:

    Articolo in cui viene trattato l’argomento con chiarezza, in modo comprensibile e piacevole.
    Complimenti e grazie per le sue spiegazioni!

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    Mariela Mengozzi says:

    Quindi dobbiamo dare ragione ai genitori quando ci dicevano di non prendere freddo per non ammalarci. Oltre a essere interessante questo articolo evidenzia anche qualcosa contro la quale poco possiamo fare. Se capisco bene, a parità di condizioni, le persone hanno una diversa resistenza al freddo e così il sistema immunitario

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